sabato 28 dicembre 2013

Si avvicina il 31 dicembre: girandole al salmone




Sin dal 1974 il pranzo di Natale è allestito a casa nostra e, dunque, posso considerarmi una veterana nella conoscenza delle fatiche e delle necessità alle quali si va incontro per l'accoglienza di tutta la famiglia alla quale talvolta si aggiunge anche qualche persona esterna.
E' vero, è una fatica ma sin quando le circostanze daranno la possibilità di farlo, sarò felicissima di continuare a cimentarmi in questa rocambolesca avventura.
Ed è davvero un'avventura attendere l'arrivo di chi viene da fuori Genova, assicurarsi che possa trovare un parcheggio per l'autovettura, aiutarlo a scaricare i regali che verranno condivisi e scambiati, trovare spazio in frigorifero per i vini portati e che devono restare freschi sino al brindisi, trovare spazio sul tavolo di cucina per il taglio della "grossa salma" che tradizionalmente introduce il nostro pranzo di Natale ed anche quello di S. Stefano.
Ritrovatala quotidianità e passata la stanchezza, è giunto il momento di pensare ad accogliere l'anno nuovo.
Inutile porsi interrogativi circa il nostro futuro. Ciò che viviamo è il presente fatto, come al solito, di fatiche talvolta dolorose, ma anche di gioie.
Del resto gli affetti sono una gioia e tra questi affetti rientrano anche gli amici con i quali mi piace trascorrere la sera del 31 dicembre o anche il pranzo del 1 gennaio.
La mia proposta per quell'occasione sono queste girandole al salmone che ho elaborato a seguito di uno dei tanti incontri prenatalizi ai quali è orami tradizione partecipare con l'intento di fare gli auguri agli amici prima che ciascuno sia assorbito dal vortice delle feste familiari.
Ve le presento, in tutta la loro semplicità.

Girandole al salmone

Ingredienti (per circa 50 girandole)
250 g salmone affumicato
150 g robiola
mezzo limone
latte q.b.
2 g gelatina in fogli
1 confezione di pane da tramezzini
30 g burro
30 g maionese

Aperta la confezione del pane, assottigliare le fette con l'aiuto di un mattarello e metterle da parte.
Far ammorbidire il burro ed amalgamarlo alla maionese.
In una scodella e con l'aiuto di una forchetta rendere cremosa la robiola alla quale andrà aggiunto anche il succo del mezzo limone spremuto*. Aggiustare con una leggera spolverata di pepe ed eventualmente con un po' di sale tenendo conto, tuttavia, della connaturale sapidità del salmone affumicato che andrà a comporre queste girandole.
Porre la gelatina nell'acqua fredda per idratarla*.
In un piccolo pentolino, scaldare il latte nella quantità sufficiente a permettere lo scioglimento della gelatina.
Versare il latte sulla robiola, amalgamare e riporre in frigorifero.
Sminuzzare il salmone e, spalmato un sottile strato di composto di burro e maionese su ogni fetta di pane, spargervi sopra il salmone coprendo la superficie sino a qualche millimetro dai bordi esterni.
Estrarre dal frigorifero la robiola che nel frattempo avrà cominciato ad addensarsi e spalmare la crema sul salmone.
Arrotolare ogni fetta di pane il più strettamente possibile ma con delicatezza, a cominciare dal lato corto e, quindi, avvolgere ogni rotolino nella pellicola formando una caramella.
Riporre tutto in congelatore.
Una mezz'oretta prima dell'utilizzo, estrarre i salsicciotti dal congelatore e, dopo averli lasciati scongelare per cinque/dieci minuti, tagliarli a fettine spesse 0,5/0,7 cm. Disporre le girandole su un vassoio. Nel volgere di brevissimo tempo giungeranno la temperatura ambiente.

*a) Aggiungere il limone poco per volta, secondo i propri gusti.  L'agrumato, infatti, si abbina bene al salmone affumicato, richiamando la fettina di limone che tradizionalmente viene servita insieme al burro, in accompagnamento al salmone.
*b) Le corrette indicazioni suggeriscono che per l'idratazione della gelatina in fogli sia necessario un quantitativo di acqua pari a cinque volte il suo peso.
c) Volendo è possibile aggiungere alla crema di robiola anche una cucchiaiata di capperi sotto sale, ben sciacquati dalla loro salamoia e grossolanamente tritati. L'abbinamento è senza dubbio interessante purchè siano utilizzati con una certa parsimonia ed avendo ben presente l'equilibrio dei sapori.
d) I pacchetti di pane da tramezzini contengono 5 fette. Per ognuna va considerato c.a 50 g di salmone e 30 g di robiola.
e) Da ogni fetta di pane dovreste trarre circa 10/12 girandole.

Un saluto e buon proseguimento delle festività natalizie da Giulietta




 
 
 

 

giovedì 19 dicembre 2013

Diamo inizio ai festeggiamenti: Spuma al prosciutto cotto


Le festività natalizie innestano un turbinio di occasioni di incontro, foriere di una ricerca di menù da proporre, che mi mette allegria.
Finché l'ospitare a pranzo o a cena è fonte di buonumore e l'elaborazione coerente di un menù che accompagni la convivialità, entusiasma e rende creativi, nulla c'è di meglio che cucinare e...sorridere.  
Quest'anno, alla tavola natalizia, saremo in 13.
Al momento le telefonate si susseguono tra il serio ed il faceto poiché l'argomento "13 a tavola" suscita sempre qualche perplessità benché priva di autentica convinzione.
E' un po' come dire: "non ci credo ma...crederci non costa nulla"
Nonostante la mia assoluta indifferenza alla "enorme" portata del problema, non pare che tutti amino dimostrarsi sprezzanti del ....pericolo ;-)
Le alternative prospettate, pur messe ai voti, non hanno ancora incontrato il favore di una maggioranza qualificata: considerare "fuori numero" il piccolino di due anni che sicuramente dimostrerà di apprezzare molto più il gioco che la convivialità, o imbandire due tavole distinte?
Anche quest'ultima soluzione non va esente da critiche perché la "prima generazione" non sembra gradire l'idea che la "seconda" sieda separatamente ed in una famiglia come la mia, ove la polemica ed il dibattito ironico potrebbero essere oggetto di studio da parte di chi è dedito  alla ricerca sul DNA, ancora non so se avremo bisogno di una sola tovaglia grande o di due più piccole, seppur di uguale colore.
Al momento sono in attesa della soluzione, essendo la sottoscritta la persona storicamente investita dell'allestimento della tavola.
Da buona "cuciniera" ho, infatti, appreso i primi rudimenti dell'arte culinaria proprio ricevendo ordini circa il susseguirsi delle portate e dei relativi vassoi utili ad un accurato servizio :-)
Chissà quali indicazioni riceverò in questa occasione.... 
Mentre il dibattitto imperversa, con molta più "leggerezza", la ventata dello scambio degli auguri ha già soffiato, portando sulla tavola questa spuma al prosciutto cotto destinata a fare la sua bella figura quale piatto di ingresso
L'apprezzamento è stato unanime ed evidentemente i miei ospiti amavano il sapore del tartufo pur non essendo, questa, una eventualità del tutto scontata.
Per realizzare la salsa di accompagnamento, ho seguito le indicazioni per quella al prezzemolo del mio...."amico" Roux ;-), adeguandola alle mie esigenze.
Ogni spuma, rilette o...patè che si rispetti va servito con un pane. Io ho utilizzato questo
 
Spuma al prosciutto cotto
300 g prosciutto cotto
150 g petto pollo
100 g besciamelle * 
200 ml panna
40 g burro al tartufo
olio EVO

* Per la salsa besciamelle
20 g burro
20 g farina
200 ml latte
sale
parmigiano

In una pentola con acqua posta su fuoco moderato, portare a cottura il petto di pollo. Metterlo da parte a raffreddare.
Far ammorbidire il burro al tartufo
Preparare la besciamelle, facendo fondere il burro al quale andrà aggiunta la farina.
Formatosi un roux biondo, unire il latte e, mescolando con energia per evitare la formazioni di grumi, attendere che la salsa si addensi.
Lasciare sobbollire continuando a mescolare per alcuni minuti ovvero sin quando il sapore di farina non sarà più percepibile. Aggiungere una spolverata di parmigiano, sale e pepe.
Siamo ora pronti per preparare la spuma.
Mettere nel mixer il prosciutto cotto, il pollo tagliato a dadini ed il burro al tartufo. Frullare bene.
Uniti anche i 100 g di besciamelle, frullare ancora sino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Volendo ottenere una grana ancor più sottile, passare il composto al setaccio, raccogliendolo in una ciotola.
Aggiustare il sapore con il sale ed il pepe.
Montare la panna ed incorporarla al composto.
Ungere uno stampo da plumcake, foderarlo con la pellicola e riempirlo con la spuma preparata battere il fondo dello stampo sul tavolo per compattarla, onde evitare i vuoti.
Livellare la superficie, ricoprirla con la pellicola trasparente e riporre lo stampo in frigorifero per alcune ore. Meglio ancora se per tutta la notte.

per  la salsa di copertura ho usato:
20 g farina
10 g burro
15 g burro al tartufo
100 ml latte
200 ml brodo vegetale
1 cucchiaio scarso parmigiano (eventuale)
sale
pepe
 
Preparare una besciamelle con i due tipi di burro, facendoli fondere senza farli soffriggere, aggiungere la farina e, a seguire, il latte. Aggiustare con il sale, pepe ed una spolverata di parmigiano. Non eccedere con quest'ultimi per non coprire l'aroma del tartufo.
Si deve ottenere una besciamelle fluida ma della consistenza adeguata affinché, raffreddandosi, si depositi cremosa sulla mattonella di spuma al prosciutto cotto senza glassarla.
 
n.d.r.
a) avendo servito questa spuma in diverse occasioni e nella ricerca di una salsa che mi desse la soddisfazione che andavo cercando, ho anche utilizzato un avanzo della besciamelle impiegata per la realizzazione della spuma semplicemente rimettendola sul fuoco e ad essa aggiungendo il burro al tartufo ed allungando il tutto con il quantitativo di brodo vegetale  necessario ad ottenere la consistenza che desideravo.
b) la fotografia è stata realizzata grazie ad un avanzo che ho adeguatamente riallestito per la ...posa ;-)

martedì 10 dicembre 2013

Pane alla birra di P. Hollywood


La birra è di moda, così come lo è quella bellissima attività che consiste nel farsi il pane in casa.
Ed allora...ecco a voi il pane alla birra!
L'idea non è mia ma tratta da "La magia del forno", versione italiana del bellissimo libro "How to bake" di Paul Hollywood, chef di origine anglosassone, figlio di un panettiere e, conseguentemente, un vero maestro dei lievitati.
Ho acquistato il volume per esserne stata favorevolmente colpita dalla recensione che di "Bread", altro manuale del medesimo autore,  è stata fatta, durante lo scorso mese di ottobre, da Starbooks, un blog che, attraverso la propria redazione, si pone l'obiettivo di individuare alcuni libri di cucina, testarne le ricette ed accertarne la reale credibilità, fattibilità e bontà.
Poiché cimentarmi con i lievitati, per acquisire quella dimestichezza che consente la duttilità del cucinare, era uno degli obiettivi che mi proponevo con l'apertura di "Se cucino...sorrido", non ho potuto sottrarmi alla magia delle ricette esaminate da Starbook e, quindi, acquistare l'unico manuale di Paul Hollywood che ho  potuto rinvenire in libreria.
onfesso di essere attraversata da un fanciullesco stupore di fronte a quel fenomeno naturale che è la "lievitazione di un impasto
Come una bambina, di tanto in tanto, corro a dare un'occhiata a quella massa inizialmente e apparentemente inerme che abbandono per qualche tempo a se stessa ed un sussulto di gioia mi pervade: "sta crescendo!!!" 
Dall'altra stanza mi raggiunge la voce della concretezza che, priva di ogni poesia,  sottolinea: "Lo credo, ci hai messo il lievito"!
La mia esigua esperienza in materia non mi ha ancora consentito di superare quell'incertezza che deriva dalla constatazione che il mischiare lievito, farina e acqua non è, per ciò stesso, garanzia di riuscita!
Comunque questo pane alla birra è cresciuto alla velocità della luce nonostante io abbia utilizzato una quantità di lievito inferiore  a quella indicata da Hollywood.
In particolare ho usato un panetto di lievito di birra fresco anziché i 10 g di lievito secco richiesti dallo chef *.
Dopo essermi cimentata nel pan brioche di Felder, mi si è dischiuso l'insospettato orizzonte dell'inserimento del lievito fresco direttamente in planetaria insieme alla farina, senza l'usuale e più conosciuto previo scioglimento in acqua o latte tiepidi. 
L'attivazione viene, infatti, sollecitata dalla semplice quanto ovvia presenza dei liquidi necessari all'impasto, comprendendo in tale categoria anche le uova.
Un'unica accortezza ho ritenuto assumere: utilizzare tutti gli ingredienti a temperatura ambiente, compreso lo stesso lievito di birra.
Nelle premesse del libro viene suggerita la lavorazione manuale quale metodo comune di impasto ma, come indicato dallo stesso autore, ciò non toglie la possibilità di servirsi della planetaria, La personale mancanza di forza fisica  atta a consentire la lavorazione di 500 g di farina, mi ha determinata ad utilizzare questo utensile.
L' "american pale ale",  della quale mi sono servita, ha lasciato un retrogusto appena accennato. Varrebbe la pena provare una seconda volta, impastando con una birra rossa come richiesto in ricetta. Inutile dire che questo mi costringerebbe a dare un appuntamento a mio fratello, presso un supermercato, onde poterla rintracciare su uno dei ripiani di quella misteriosa scaffalatura carica di bottigliette e lattine dalle oscure denominazioni ;-)
Infine posso dire di aver sfornato un pane molto soffice e dalla consistenza simile ad un pan carrè, tanto da poterne trarre, dopo un giorno di riposo e con l'aiuto di un coppapasta, delle tartine da utilizzare con una spuma salata che mi riprometto di postare tra qualche settimana. 
 
Pane alla birra

pagnotta...sottratta a malintenzionati che già l'avevano presa d'assalto ;-)
 
Ingredienti (tra parentesi le mie modifiche)
400 g farina bianca forte per pane (io, manitoba)
100 g farina integrale per pane
10 g sale
10 g lievito di birra secco (io, 25 g lievito di birra fresco)
30 g burro morbido
3 dl birra meglio se rossa (io, american pale ale)
olio EVO per impastare q.b.

Impasto manuale.
Far ammorbidire il burro e, nel caso si utilizzi il lievito di birra fresco, portare anche quest'ultimo a temperatura ambiente.
Versare le due farine in una larga terrina ed aggiungere il sale da un lato ed il lievito di birra secco (o fresco e sbriciolato) dall'altro.
Unire il burro e 3/4 della birra e cominciare a mescolare con le dita.
Proseguire ad amalgamare gli ingredienti aggiungendo anche il resto della birra poco per volta atteso che il quantitativo indicato potrebbe rivelarsi eccessivo o non sufficiente per il tipo di farina utilizzata.  
La pasta dovrà essere morbida ma non molle.
Ungere leggermente il piano di lavoro , trasferirvi la pasta ed iniziare a lavorarla per 5- 10 min. finchè da umida diventerà morbida, si formerà una leggera pellicina e, quindi, setosa.
A questo punto collocare l'impasto in una terrina leggermente unta di olio e, coperto il tutto con un telo, lasciar lievitare fino a che non raddoppierà il volume. Servirà almeno un'ora ma potrebbe rendersi necessario anche un tempo maggiore (2 - 3 ore).
A lievitazione compiuta, stendere un po' di farina sul piano di lavoro e piegare l'impasto più volte, eliminando l'aria all'interno e rendendolo nuovamente morbido.
Ungere uno stampo da cake e, con la pasta, formare un salsicciotto, della lunghezza dello stampo. Inserire il panetto all'interno dello stampo, coprire con un telo e far lievitare una seconda volta.
Nel frattempo scaldare il for no a 210° C
A lievitazione compiuta (circa un'ora o due) spolverizzare la superficie del pane con la farina e, l'aiuto di un coltello affilato, praticarvi trasversalmente alcuni tagli della profondità di circa cm 1 - 1,5.
Infornare per 45 min.  sino a doratura, sformare e lasciar raffreddare su una gratella.

Impasto con  planetaria
Far ammorbidire il burro e, nel caso si utilizzi il lievito di birra fresco, portare anche quest'ultimo a temperatura ambiente.
Inserire le farine nella bowl della planetaria.
Aggiungere il sale da un lato ed il lievito di birra secco (o fresco e sbriciolato) dall'altro e, quindi, il burro. Cominciare a mischiare leggermente gli ingredienti con l'aiuto del gancio azionato ad intermittenza.
Versare a filo la birra, azionando la planetaria a bassa velocità.
Aggiungere poco a poco la birra tastando l'impasto anche con le mani per capirne la consistenza. Non è detto che si renda necessario il quantitativo di birra indicato; quest'ultimo, infatti, potrebbe rivelarsi eccessivo o non sufficiente per il tipo di farina utilizzata.  
La pasta dovrà risultare morbida ma non molle.
A tal punto, azionare la planetaria ad alta velocità e far incordare sin quando le pareti della ciotola risultano perfettamente pulite, l'impasto si sarà attaccato alla frusta e risulterà morbido e setoso
Ungere con l'olio una terrina capiente, inserirvi l'impasto e, coperto il tutto con un telo, lasciar lievitare fino a che non sarà raddoppiato il volume. Servirà almeno un'ora ma potrebbe rendersi necessario anche un tempo maggiore (2 - 3 ore).
A lievitazione compiuta, stendere un po' di farina sul piano di lavoro e piegare l'impasto più volte, eliminando l'aria all'interno e rendendolo nuovamente morbido.
Ungere uno stampo da cake e, con la pasta, formare un salsicciotto, della lunghezza dello stampo. Inserire il panetto all'interno dello stampo, coprire con un telo e far lievitare una seconda volta.
Nel frattempo scaldare il for no a 210° C
A lievitazione compiuta (circa un'ora o due) spolverizzare la superficie del pane con la farina e, l'aiuto di un coltello affilato, praticarvi trasversalmente alcuni tagli della profondità di circa cm 1 - 1,5.
Infornare per 45 min.  sino a doratura, sformare e lasciar raffreddare su una gratella.
 
n.d.r.
a) con questo impasto P. Hollywood forma dei panini della pezzatura di c.a 60 g l'uno.
Devo dire che data la consistenza davvero soffice del pane, anche i panini dovrebbero essere davvero molto interessanti.
Io ho preferito un pane in cassetta per i motivi che ho indicato nella prima parte del post.
b) * 25 g lievito di birra fresco = 7 g lievito di birra secco
 
 
 
 
 
 
 
 











giovedì 5 dicembre 2013

E' scoccata L'ORA DEL paTE'


 
Leggete attentamente il sottotitolo della copertina di questo libro.
Avete letto? "i libri (n.d.r. plurale) dell'MTChallenge"
Ebbene sì, riflettete un attimo, questo è il primo di una serie di libri che, da ora in avanti, con scadenze stabilite dall'editore, la SAGEP, conterranno un certo numero di ricette selezionate da quel gioco culinario e virtuale, al quale mensilmente partecipo, che è l'MTChallenge.
Con il trascorrere del tempo, la sfida ha dato vita ad una vera e propria Community virtuale al cui interno, grazie alla ricetta proposta e rielaborata secondo le tracce indicate dagli organizzatori, il confronto diventa anche occasione di conoscenza  reciproca e fonte di iniziative.
E' così che la creatività, la passione, l'impegno e l'intraprendenza di Alessandra Gennaro, foodblogger ideatrice dell'MTC, hanno reso possibile la stampa del primo libro appartenente ad una futura collana di volumi monografici aventi ad oggetto i singoli temi delle sfide MTC che si sono avvicendate nel corso di questi anni.
La monografia, in vendita ufficialmente da oggi, è dedicata al PATE', oggetto  dell'edizione n. 17 del gioco, che Alessandra ha fatto rivivere non solo attraverso le introduzioni e e le note da lei curate ma anche grazie ai simpaticissimi e raffinati disegni di Roberta Sapino, foodblogger e membro dell'MTC nonchè alle istantanee cariche di naturalezza di Sabrina De Polo, fotografa professionista.
Ne è nato un libro dalla grafica accattivante e dai contenuti davvero utili e "provati sul campo"


 
All'epoca della sfida riguardante il "Patè", ancora non partecipavo al gioco ma il progetto che con questa monografia la Community dell'MTC intende perseguire, mi ha indotto a pubblicizzare il libro oggi, così come sarò pronta a farlo in occasione di tutte le prossime uscite, a prescindere dal futuro ed eventuale 'inserimento della sottoscritta nelle pagine dei singoli volumi monografici, perché...
 
Con questo libro, la community dell'MTChallenge sostiene il progetto "cuore di bimbi",della Fondazione"aiutare i bambini": nata nel 2000, per iniziativa dell'ingegner Goffredo Modena, la fondazione si propone di  dare un aiuto ai bambini poveri, ammalati, senza istruzione, che hanno subito violenze fisiche o morali e garantire loro l'opportunità e la speranza di una vita degna di una persona, nel mondo e in Italia. Sono 71 i Paesi del Mondo in cui  la Fondazione interviene, realizzando progetti mirati, concreti, nati per rispondere a emergenze reali e portati avanti con abnegazione, serietà e competenza. Fra questi, appunto, c'è "cuore di bimbi", attivo dal 2005 in 10 Paesi, che ha permesso ad oggi di salvare la vita a 857 bambini altrimenti condannati da gravi cardiopatie congenite, con esiti spesso letali.
La Fondazione opera nella più assoluta trasparenza, nella convinzione che sia doveroso certificare  ogni voce con la massima chiarezza, in un dialogo continuo che unisce chi è desideroso di fare del bene con chi ha la possibilità di farlo in modo concreto, rispettoso e consapevole di muovere nella stessa direzione: quella dell'aiuto alle tante vittime di questo mondo, rese ancora più indifese dall'essere bambini.
Da oggi, anche noi remiamo con Goffredo, con Sara e con gli oltre mille volontari sparsi sul territorio italiano - e lo facciamo con questo libro che è il primo tassello di quella che ci auguriamo possa essere una collaborazione duratura e proficua.


Alessandra, Roberta e Sabrina hanno messo a disposizione, con grande generosità, competenze e tempo, a sostegno di questo progetto.
Chi, dunque, meglio di Fonzie, apparentemente sbruffone ma fondamentalmente generoso, può essere testimonial de "L'ORA DEL paTE' ?
 

Affrettatevi:
Tutte le copie de L' ORA DEL paTE' contribuiscono alla campagna "cuore di bimbi", in base ad un progetto che è nato contemporaneamente al libro e si è sviluppato in parallelo: potete trovarle in tutte le librerie d'Italia, su amazon e su Ibs, sul sito della casa editrice (http://www.sagep.it/easyStore/SchedeVedi.asp?SchedaID=208) e sul sito della onlus, a questo indirizzo http://www.aiutareibambini.it/oradelpate.

Informazioni sul libro:
titolo: L'ORA DEL paTE'
pagine: 144
costo 18,00 euro
casa editrice: SAGEP EDITORI - Genova www.sagep.it
illustrazioni di Roberta Sapino (Le Chat Egoiste- lechategoiste.blogspot.it)
fotografie di Sabrina de Polo

41 ricette di paté, 8 di burri composti, 33 fra pani e crackers, grissini, muffins, scones, chips e tutto quanto fa 17esima sfida dell'MTC

Vi invito, dunque, ad intervenire alla presentazione  che si terrà oggi presso la libreria Feltrinelli di Genova e sappiate che, comunque, non mancherò di parlare di questo evento nei post futuri.

Se le ricette sono buone, lo scopo...è ottimo!
Giulietta
 







 
 

 
 
 
 

mercoledì 4 dicembre 2013

Questo Natale, basta biscotti...

 
Manca solo un giorno
 
 
 a scoprire perché...
 
QUESTO NATALE, BASTA BISCOTTI!
 
con buona pace dei costituiti comitati a tutela degli...
 
 
 però...
  
Si tratta solo di avere un po' di pazienza!
...E la pazienza, si sa, è la virtù dei forti.

 

A domani!
Giulietta


giovedì 28 novembre 2013

Pasta e fagioli, polpo e cozze


La moda colpisce anche la cucina ed in questo momento, se girate per ristoranti che cucinano il pesce, potreste avere un incontro ravvicinato con la pasta e fagioli.
Cosa c'entra il pesce?
C'entra perché la pasta e fagioli, da sola, è un piatto di tradizione ma se ci aggiungete il pesce, secondo equilibri ben strutturati, avrete un primo piatto davvero cool.
Insomma è accaduto che un parente che abita fuori Genova, invitato a cena, chiedesse le trofie al pesto (che peraltro mangia ogni volta che gli capiti di varcare la soglia di casa nostra) e che io, un po' stufa della ripetitività, abbia messo sotto il naso della cuoca (in questo caso mia madre) questa ricetta di pasta e fagioli...con il pesce.
Reazione immediata e priva di ogni possibilità di replica: "No, vuole il pesto!".
Già avevo messo in preventivo la risposta, dunque, nulla di nuovo sotto....le luci di casa.
La sorpresa, però, mi attendeva a distanza di 36 ore.
Stavo guardando la TV quando, all'improvviso, sento "la cuoca" in avvicinamento soave al mio fianco, si siede sul divano e pronuncia le seguenti storiche parole: "Ho pensato che potremmo dare il pesto come antipasto (sic!) e poi fare quella pasta e fagioli che mi hai fatto vedere".
Ihihiihihihihihihih....ho ghignato e riso sotto i baffi come raramente mi accade ma mi sono trattenuta dal mostrare cotanta esultanza e, palesando una finta indifferenza, ho risposto: "beh, se vuoi, potremmo...".
Godooooo....ancora adesso per la mia strepitosa vittoria e hanno goduto anche gli invitati che, dopo aver degustato qualche fettina di pane accompagnata dal...pesto genovese, hanno decantando la bontà di questa zuppa definendola "meritevole di repliche".
Trallallero, trallallà....non stupitevi se mi doveste vedere, in giro per la città, saltellante come i bambini!
Non è questione di rivincita sul naturale e da me ben conosciuto atteggiamento competitivo di una mamma che è sempre stata un'ottima cuoca pur affermando "ma no, io non sono capace"; quanto piuttosto il desiderio di coinvolgerla nel progetto di questo blog.
Tanto per dirne una, la ricetta della "ricciola all'acqua pazza", esclusiva opera sua, è il post in assoluto più cliccato. Non c'è concorrenza alcuna con altri, anche dedicati ai dolci.


Pasta e fagioli, polpo e cozze

Ingredienti
(per 4 persone)

150 g fagioli cannellini
100 g fagioli borlotti
600 g polpi di piccole dimensioni
750 g cozze
100 g pomodori
200 g paccheri (io all'uovo)
aglio
sedano q.b.
olio

Dopo averli messi a bagno dalla sera precedente, cuocere separatamente i cannellini ed i borlotti e metterli da parte, conservando anche la loro acqua.
La cottura dei fagioli dovrà avvenire a fuoco bassissimo per evitare che si spacchino.
Pulire attentamente le cozze e porle in una pentola nella quale sia stato preventivamente versato un po' di olio ed aggiunti due spicchi di aglio, un rametto di prezzemolo ed una spruzzata di vino bianco. Chiudere la pentola con il suo coperchio e porla sul fuoco a fiamma moderata. 
Quando le cozze saranno aperte, attenderne il raffreddamento e, quindi, eliminare le valve e conservare tanto i molluschi i molluschi che la loro acqua di cottura. Quest'ultima servirà per insaporire la zuppa.
Mettere i polpi in una pentola con acqua fredda e porla su fuoco bassissimo. Portare a cottura anche questi. Quando saranno teneri, spegnere il fuoco, lasciandoli raffreddare nella loro acqua.
In  una casseruola in terracotta o in ghisa preparare un soffritto con uno spicchio di aglio, un pochino di sedano tritato e i pomodori spellati e tritati.
Eliminare l'aglio ormai rosolato ed unire i 2/3 dei fagioli cannellini per portarli ad ulteriore cottura sino a creare una crema.
Allungare quest'ultima con alcuni ramaioli del brodo di polpo e dell'acqua di cottura delle cozze, continuando a far sobbollire il composto per 20 min. circa o, comunque, sino ad ottenere una crema semidensa.
In separata pentola portare ad ebollizione l'acqua debitamente salata, per cuocere i paccheri. Scolarli quando sono ancora al dente e unirli alla crema di cannellini.
Nel frattempo scolare il polpo e tagliarlo a pezzi.
Unirlo alla crema, aggiungendo anche le cozze, i borlotti, i rimanenti cannellini interi ed i paccheri.
Far bollire ancora per qualche minuto per consentire ai sapori di amalgamarsi e servire con l'aggiunta di un giro d'olio. 

n.d.r.
è chiaro che la giusta consistenza della minestra di fagioli va regolata secondo l'esperienza ed il gusto personale.
E' un piatto veramente saporito e goloso.
Un saluto da Giulietta

 

 


mercoledì 20 novembre 2013

Stufato vegetale


Quell'astuccio a più piani, di colore blu con gli intarsi rossi ed una chiusura metallica, mi aveva proprio affascinata. Troneggiava nella vetrina della cartoleria posta nei fondi di un palazzo vicino alla villetta dove alloggiavamo ad Abbadia S. Salvatore.
Una miriade di matite disposte nella gradazione delle diverse tonalità dei colori, un righello, una squadra, spazi dove inserire la biro blu e quella rossa, una gomma per cancellare nuova fiammante insieme ad un nuovo temperino e due matite da disegno. Ecco ciò che avrebbe fatto sognare qualsiasi alunna delle scuole elementari
Tutte le mattine, quando passavo dinanzi al negozio per andare a comprare quel pane toscano profumatissimo ed appena uscito dal forno, il cui sapore non sono mai più riuscita a trovare, l'astuccio mi strizzava l'occhiolino ed io rimanevo incantata a guardarlo con il naso contro la vetrina.
Il nuovo anno scolastico sarebbe iniziato di lì a poco e sognavo di poter "ingombrare" il mio banco con tutta l'attrezzatura contenuta in quel fantastico "borsotto" in finta pelle ;-)
Un giorno, approfittando della presenza di mio padre, sempre disponibile a venire incontro ai miei desideri, "inoltrai regolare domanda di acquisto" ;-)
Mi venne risposto che da lì a poco avrei iniziato la V elementare, dunque ero grande e quell'astuccio avrebbe avuto un'utilità scarsissima, visto che alle Medie non sarebbe servito.
Vedendo la delusione segnarmi il volto, mio padre, che era laureato in economia e commercio ;-) mi propose una soluzione.
Forse proprio nell'ottica di rendermi autonoma mi invitò a condurre una trattativa con la commerciante e mi spiegò come condurla. E' evidente come una cosa simile fosse possibile solo in un piccolo paese dove la conoscenza degli uni con gli altri era facilitata da anni di frequentazione del luogo.
Con il battito cardiaco accelerato, andai dalla negoziante e, mettendo sul banco una prima piccola somma di denaro che evidentemente avevo, le chiesi di lasciarmi da parte quel meraviglioso astuccio che, con il tempo, avrei acquistato pagandolo poco per volta.
E' così che nel volgere di alcune settimane, grazie a qualche regalia di nonni e a qualche paghetta per lavoretti fatti, divenni la felice e soddisfatta proprietaria di quel favoloso astuccio che, come mi era stato preannunciato,....mi servì pochissimo! :-D 
Questo è solo uno tra i tanti ricordi che Serena del blog "Pici e Castagne" ed originaria di quei luoghi, ha fatto riemergere con la sua proposta per l'MTC del mese di Novembre.
Aggiungo,, infine, un ultimo ricordo di natura culinaria.
Tutti gli anni, in occasione del suo compleanno che cadeva il 20 agosto, mio padre, acquistava alcune cassette di peperoni rossi e gialli e tra gli sbuffi ed i lamenti di mia madre, li arrostiva, li spellava, li tagliava a striscioline, li condiva con olio, sale, pepe ed un goccio di aceto e si recava ad offrirli, in accompagnamento ad una fettina di quell'ottimo pane di cui ho parlato, agli avventori del "bar della Colonia", vicino a casa.
In pratica aveva istituzionalizzato una piccola sagra, della quale si giovavano anche i gestori dell'esercizio commerciale in questione visto che, consentendo l'allestimento del bancone per la distribuzione, divenivano automaticamente anche i fornitori delle bibite e delle birre necessarie al festeggiamento.
Ad "Abbadia" e a "Piano" (Piancastagnaio), luoghi che mi sono cari per le persone che mi sono state care, dedico questa ricetta per l'MTC n. 34. 
Si tratta di uno stufato semplice, rapido e saporito che accompagna bene anche salsiccia o cotechino.

Stufato vegetale

Ingredienti:
800 g castagne
120 g pancetta dolce
100 g funghi prataioli (io, porcini)
100 g carote
100 g zucchine
1 cipolla
burro
brodo vegetale q.b.
salvia
timo
prezzemolo
sale
pepe

Pulita e tritata la cipolla, farla sudare a  fuoco bassissimo, in una pentola nella quale, in precedenza, sia stato fatto sciogliere del burro. Unire qualche foglia di salvia ed un rametto di timo.
Quando la cipolla sarà tenera, aggiungere la pancetta tagliata a cubetti e proseguire la cottura in modo che il grasso si sciolga lentamente.
In questa base, far rosolare, per circa 10 min., le castagne aiutandosi, eventualmente, anche un po' di brodo.
Nel frattempo pulire e tagliare a rondelle una carota ed aggiungerla nella pentola continuando la cottura per altri 10 min.
Mondare i funghi ed unirli allo stufato già in cottura, servirsi del brodo se ritenuto necessario. Spruzzare con il prezzemolo.
Unire, infine, alcune rondelle di zucchina, tagliata non troppo sottile. Far stufare ancora per qualche minuto aggiustando con sale e pepe. E' meglio spengere il fuoco quando  la zucchina è ancora leggermente croccante visto che proseguirà la cottura anche a gas spento.
Ottimo e saporito contorno anche per salsiccia e cotechino.
Alla prossima.
Giulietta
 
Anche con questa seconda ricetta partecipo all'MTC del mese di novembre 2013
 

 

domenica 17 novembre 2013

Monte di castagna dal cuore meringato.

 
Non ricordo a che età cominciai a trascorrere i tre mesi estivi ad Abbadia S. Salvatore, paese  sulle pendici del Monte Amiata. 
Nella mia memoria c'è l'immagine sfuocata di un piccolo appartamento in una palazzina affacciata su una piazza dove, per la festa dell'Assunta, arrivavano giostrai e giostre oltre ai banchetti del mercato che poi invadevano via della Pace.
I ricordi diventano più nitidi quando ci trasferimmo nella casa di proprietà di un fabbro e della sua famiglia, situata quasi alla fine del paese, là dove la via Hamman, all'altezza di una chiesa posta sulla  sinistra e di un piccolo boschetto di proprietà privata, sulla destra, cominciava a salire verso la vetta del monte.
Dovevo già essere grandina perché ricordo la presenza di entrambi i miei fratelli che, nel frattempo, erano nati.
Da quella casa comincia la storia delle mie prime esperienze di autonomia e libertà, magari un po' "vigilata" ma era la libertà di una bambina.
In quella casa, come regalo dei miei compleanni, nel tempo ho ricevuto la prima bicicletta, la prima racchetta da tennis, il primo paio di pattini.
Un lato del giardino della villetta si affacciava su una delle poche strade pianeggianti del paese ed è lì che mio nonno mi ha insegnato ad andare in bici; è da lì che ero autorizzata ad allontanarmi per andare a giocare a tennis, a scorrazzare sulla pista di pattinaggio o ad incontrare i miei coetanei nell'allora "bar della Colonia", con il cortile del quale la villetta confinava. 
E' in quell'attrezzatissimo bar che ho acquistato autonomamente i primi ghiaccioli, ho speso i primi soldini, cautamente centellinatei dalla mamma o dal papà, per giocare a flipper e a "biliardino", ed a cantare i successi dell'estate, come "Lisa dagli occhi blu", che gli adolescenti del momento riproducevano all'infinito inserendo monete nel jukebox.
In poche parole, ad "Abbadia" ho sperimentato la libertà, un dono che ricevevo solo in estate.
E' per questo che facevo fatica a comprendere gli sguardi un po' persi di coloro ai quali dicevo che in vacanza sarei andata ad Abbadia S. Salvatore. A loro, quel nome non diceva nulla, non era un posto noto.
Certo, si trattava di un paese lontano dalle abitudini dei liguri ed  anche segnato da un'economia povera; aveva un "PIL" costituito soprattutto dal lavoro di coloro che faticavano nelle miniere di mercurio e, nei mesi estivi, dalla presenza di villeggianti, soprattutto di provenienza romana.
Così come povero era Piancastagnaio, piccolo paese a 5 km di distanza, luogo di nascita di ben due delle "tate" cui, in quegli anni, venne affidata la cura mia e quella dei miei fratelli.
La prima di loro aveva capacità organizzative grandissime e sapeva cucinare molto bene. A Genova trovò l'amore e da allora vive a Varazze dove ha avuto tre figli, uno dei quali fa il cuoco.
La seconda era una ragazza molto cara che mi ospitava in camera sua a guardare Canzonissima, quando, durante i mesi della "prigionia" invernale, i miei genitori non volevano che andassi a dormire tardi.
"Abbadia" e "Piano", due paesi resi verdi dai boschi di castagno i cui frutti arrivavano troppo tardi perché anche noi potessimo goderne appieno. Il 30 settembre, infatti, eravamo costretti a far ritorno alla realtà per l'inizio della scuola.
Insomma, l'MTC di novembre ha scatenato una marea di ricordi. Una marea resa attiva da Serena, originaria di Piancastagnaio e titolare del blog "Pici e Castagne", la quale, anziché proporre una ricetta cui apportare le più disparate variazioni, ha posto a tema un frutto, la castagna, da elaborare secondo la propria fantasia e sulla linea del piatto povero.
Sarà forse perché legato a momenti di difficoltà (la guerra), che mia madre non ama molto questo
frutto ed in casa siamo privi di ricette di tradizione. Ho così provato ad elaborare varie ricette dolci con la castagna ma la frequente indicazione di accoppiamento con cioccolato o caffè, non mi hanno dato grande soddisfazione perché tendenti a coprire, più che ad esaltare, il sapore di questo frutto.
Un'unica tradizione, in casa, ha avuto spazio: il "montebianco", ma solo perché mi sono fatta personalmente carico della sua faticosa elaborazione.
Dunque  ho scelto il "montebianco" affinché la presenza della castagna si distinguesse con decisione.
Ho, però, ammodernato il soffice accompagnamento costituito dalla panna zuccherata, sostituendolo con una meringata.
Volendo seguire almeno la richiesta di utilizzazione di una tecnica tradizionale, ho rinunciato alla meringa italiana, per servirmi di un normalissimo albume montato con lo zucchero.
Diciamolo, mia madre ricorda meringhe realizzate anche dalla sorella di suo nonno; in ragione di ciò penso di poter dire che...le meringhe erano già conosciute negli anni '30 e '40 e sono un dolce tradizionale.
Potrebbe anche essere che questo dolce non sia totalmente aderente al tema del mese ma penso di aver raggiunto il mio scopo: l'ingrediente castagna, aveva tutto il sapore che deve avere la castagna! E sentir dire la parola "fantastico", da familiari pronti alla critica, non ha prezzo!
 
Monte di castagna con cuore meringato

Ingredienti:
per 6 persone e uno stampo da cm 20

Partenza con
230 g albumi (da uova fresche)
460 g zucchero semolato

con i quali realizzare               
1 disco di meringa diametro cm 20
50 g meringa polverizzata
300 g meringa a crudo
350 g panna

Inoltre:
1 kg di castagne
100 g zucchero semolato
mezza bacca di vaniglia
250 ml latte
1 bicchierino di rhum
zucchero a velo

Dedicarsi alla meringa.
Preriscaldare il forno a 90° in modalità ventilata.
Iniziare a montare gli albumi. Quando cominciano ad essere montati, aggiungere lentamente lo zucchero e montare...montare...montare.
Direte: ora basta! No, continuate...continuate...continuate.
Ora basta!
prelevare 300 g di meringa cruda e metterla da parte.
Ricoprire una teglia con la carta forno e, con l'aiuto di un sac a poche oppure con un cucchiaino, formare le meringhette utilizzando il resto del composto.
Su un altro foglio di carta forno, disegnare con una matita un cerchio del diametro di cm 20, rovesciare il foglio e, seguendo la linea tracciata che traspare dal di sotto, utilizzando il sac a poche, circoscrivere un primo cerchio al quale far lentamente seguire una spirale che si stringe sempre di più verso il centro. Spatolare leggermente il disco creato. 
Infornare le due teglie per tre ore...e anche un po' più a lungo. Spengere il forno, lasciando le meringhe all'interno.
 
Una volta che le meringhette saranno fredde, polverizzarle servendosi del mixer. Volendo uno sfarinato più sottile, setacciare la polvere ottenuta con il mixer.
Unire questo sfarinato, alla meringa a crudo.
Montare la panna senza dolcificarla ed unirla con delicatezza e movimenti dal basso in alto, al composto di meringa.
Posizionare un disco di metallo del diametro di cm 20 al centro di piatto da torta, accertandosi che resti abbondante spazio vuoto all'esterno. Inserire all'interno del cerchio il disco di meringa cotta e versarvi sopra l'insieme di meringa e panna. Riporre tutto in congelatore per almeno 36 ore. 
 
Il giorno stesso in cui serve il dolce, mettere a bollire le castagne per 40 min. in acqua leggermente salata, alla quale sia stata aggiunta qualche foglia di alloro.
Una volta cotte, sbucciarle e spellarle.
Raccogliere le castagne in una pentola insieme al latte, i semi di vaniglia e lo zucchero e farle cuocere ulteriormente sino a renderle morbide, cercando anche di schiacciarne la polpa con l'aiuto di una forchetta.
Quando il composto sarà piuttosto asciutto e. poco prima di togliere l'impasto dal fuoco, versare il rhum e mescolare.
Creare i classici "vermicelli" servendosi di uno passaverdure o passapatate e raccoglierli in una ciotola.
Estrarre la meringata dal congelatore, eliminare il cerchio in acciaio, pareggiare gli inestetismi che potrebbero crearsi in conseguenza di questa operazione e ricoprire il dolce con i "vermicelli" di castagna.
Spolverizzare, a piacimento, con zucchero a velo, da solo o con l'aggiunta di un cucchiaio di cacao in polvere.
Portare in tavola
 
n.d.r.:
a) Anche con questo procedimento, benché sin da subito morbida, la meringata ha tuttavia retto bene sino ad integrale consumazione. La prossima volta proverò ad utilizzare la meringa italiana e penso che il composto dovrebbe risultare un po' più sostenuto. 
b) E' vero che questo dolce è un po' laborioso ma si può realizzare in giorni diversi, tenuto anche conto che le meringhe, una volta cotte, possono essere conservate tranquillamente...sempre che riusciate a sottrarle alla golosità degli astanti.
c) La verità è che ho molto sofferto per realizzare la purea di castagne. Queste ultime, infatti, non ne volevano sapere di raggiungere quella morbidezza idonea a passare attraverso i fori del passaverdure. Sarà anche che io ho poca forza nelle mani ma, dopo un po' di sconcerto, ho visto il mixer che mi "stringeva l'occhiolino" e gli ho "dato in pasto" tutte le castagne. Ho azionato e ho utilizzato il passaverdure per ridurre in "vermicelli" l'impasto che avevo ottenuto con il suo aiuto.  
d) la foto ha il limite di essere stata realizzata in tutta fretta, un attimo prima che l'ultimo pezzetto di dolce sparisse!






Con questo dolce partecipo all'MTC del mese di novembre 2013...e non escludo di partecipare anche con una ricetta salata, prossimamente su questi schermi.





















 
 
 

lunedì 11 novembre 2013

Quale la differenza tra frolla e sablée? La mia tarte ai cachi.

 
Il colore giallo/arancio è caratteristico della stagione autunnale e questa volta la declinazione dolce è per i cachi.
Una tarte con una pasta sablée secondo le indicazioni di Alain Ducasse, alla quale ho aspportato modifiche per renderla un po' più rustica.
Come mi sono permessa? E' presto detto.
Lungo il percorso di "intrusione" nei blog altrui e, successivamente, di apertura e gestione del mio, mi sono imbattuta in una varietà pressoché infinita di sablée e frolle, ognuna declinata secondo disparati dosaggi di uova, burro, zucchero e farine della più diversa natura.
Ogni maestro pasticcere ne "inventa" una e la diffonde mediante libri, riviste o comunicazione TV e ciascuno offe una motivazione alla propria scelta richiamando esigenze di utilizzazione e di gusto.
Sono andata a cercare la differenza tra sablée e frolla e ho trovato indicazioni secondo le quali la prima avrebbe, fra gli ingredienti, una certa percentuale di farina di frutta secca (per lo più. mandorle), oltre allo zucchero a velo, agglomerati insieme dall'albume dell'uovo.
Nel tentativo di approfondire l'argomento, ho scoperto che Alain Ducasse usa l'uovo intero mentre Roux solo il tuorlo ma comunque parla di pasta sablée anche quando utilizza farina normale senza aggiunta alcuna di frutta secca. 
La differenza, invero, sarebbe lo zucchero: la sablée contiene zucchero a velo mentre la frolla quello semolato...ma Montersino chiama frolla anche la pasta realizzata con lo zucchero a velo e molto burro....ovvero chiama genericamente "frolla", la c.d. frolla fine.
Insomma un ginepraio senza fine che mi ha convinto del fatto che l'importante sia trovare un impasto che soddisfi il gusto personale e risulti utile alle proprie esigenze, adattandosi alla propria manualità.
La diversa denominazione tra questi due tipi di impasti trova origine soprattutto nella pasticceria francese, gli italiani tendono, comunque, a parlare di pasta frolla variamente declinata.
E' su questa scia che, avendo rinvenuto la ricetta di una pasta sablée di Alain Ducasse, ho deciso di modificarla per ottenere una pasta frolla friabile giacché personalmente nutro maggiore preferenza per quest'ultima rispetto a quella croccante. Inoltre non volevo rinunciare al sentore di mandorla.
Confesserò, avevo necessità di utilizzare una teglia per tarte con fondo amovibile del diametro di 30 cm che, evidentemente, mi avrebbe richiesto almeno 400 gr. di polveri (farina 00 e farina di mandorle); orbene le mie mani non riescono ad impastare in maniera adeguata una quantità di farina oltre il peso dei 250 grammi e dunque...vai di planetaria.
Raddoppiate le dosi e fatti gli opportuni adattamenti ho elaborato il seguente impasto per frolla:

Tarte ai cachi      

Ingredienti
per la frolla
450 g farina 00
25 g farina di mandorle pelate
25 g farina di mandorle sgusciate e non pelate
120 g zucchero semolato
50 g zucchero di canna integrale
240 g burro (a temperatura ambiente e molto morbido)
4 g sale fino
2 uova medie

per la farcia
1 kg cachi
100 g ricotta
zucchero
1/2 bacca di vaniglia
2 cucchiai di rhum
2 uova medie (80 g)

inoltre:
6 amaretti morbidi
30 g uvetta

Pasta frolla: Con l'aiuto di una spatola, mescolare il burro  sino a renderlo cremoso. A questo punto, aggiungere il sale, lo zucchero a velo, le due farine di mandorle e, servendosi della frusta a foglia della planetaria azionata ad intermittenza, cominciare ad impastare, Quando il composto sarà omogeneo unire le due uova insieme ai primi 100g di farina 00 setacciata e continuare ad impastare. Incorporare poco alla volta la farina rimanente al composto ottenuto, avendo l'accortezza di non scaldarlo troppo.
Trasferire l'impasto sulla spianatoia infarinata e lavorarlo brevemente sino ad ottenere una palla compatta ed omogenea. Fasciarla con la pellicola e farla riposare in frigorifero per due ore.
Rivestire lo stampo con la frolla e metterlo nuovamente in frigorifero a raffreddare.

Farcia: Pelare i cachi e raccoglierne la polpa in una ciotola unendo la ricotta, lo zucchero e la polpa di mezza bacca di vaniglia (o un cucchiaino di estratto). Con l'aiuto del frullatore ad immersione, mescolare gli ingredienti ed ggiungere il rhum. Servendosi di un cucchiaio in legno, incorporare anche le due uova leggermente sbattute in precedenza.

Assemblaggio: Preriscaldare il forno a 180°C. Prelevare dal frigorifero la teglia rivestita di frolla, coprirla con un foglio di carta forno e versarvi sopra i pesi in ceramica o i fagioli. Infornare il guscio per cuocerlo in bianco per circa 15/17 minuti.
Mentre la frolla sta cuocendo, sbriciolare gli amaretti.
A questo punto, sfornare e ricoprire il fondo del guscio con le briciole di amaretto e versarvi sopra la farcia.
Infornare per dieci minuti. Aprire il forno e spargere sulla farcia l'uvetta precedentemente ammollata. Portare a cottura lasciando il dolce in forno per altri 20 min. 
Sfornare e lasciar raffreddare la tarte.

n.d.r.
1) da NaturaSì ho trovato la farina fatta con le mandorle non pelate...Ora ci siamo: finalmente il sapore si sente. Affinché non risultasse eccessivo, ho mischiato i due tipi.
2) Ehmm, non sono stata pronta ad aggiungere l'uvetta al momento giusto e quando l'ho fatto, la farcia era ormai quasi del tutto solidificata.....
3) I sapori risulteranno maggiormente amalgamati se preparerete il dolce il giorno prima. Era ottimo anche il pezzettino avanzato il giorno successivo al pranzo del quale era stato il coronamento.
Giulietta













 



lunedì 4 novembre 2013

Pan brioche di C. Felder

 
Questa ricetta è un regalo di Alessandra, titolare della pagina "Ricette Orfane" su Fb: le ricette sono "orfane"  nel senso che lei le realizza e poi cerca un/una blogger "adottante" che renda possibile anche un confronto con quanto proposto.
Leggendo la richiesta di "adozione" per un "pan brioche" che avrebbe dovuto essere con "cannella e noci pecan", non ho potuto resistere all'impulso di offrire "maternità" ad un impasto  nato dalla tecnica di Christophe Felder, noto pasticcere francese, ben sapendo che se avessi centrato l'obiettivo, avrei ottenuto il beneplacito casalingo, ovvero un timbro autorizzativo all'occupazione della cucina perché, senza dubbio, proficua.
Ma una vera occupazione non è stata necessaria atteso che, a parte l'assemblaggio iniziale degli ingredienti, complice anche il dì di festa (1 novembre), mi sono quasi dimenticata di aver una "gravidanza" in corso.
Se infatti normalmente paragono la realizzazione dei dolci al cucchiaio, alla tecnica del "modellismo", osservare con pazienza la lievitazione di un impasto, mi richiama alla  mente l'immagine di una "gravidanza".
Tutto sommato è stato un "parto dolce" con qualche apprensione. Sin dalle primissime mosse, ho dato quasi per scontato che questo primo esperimento sarebbe stato solo un iniziale step di conoscenza reciproca mentre il raggiungimento della meta avrebbe reso necessari tentativi ulteriori.
Alla base della mia grande insicurezza c'era un'ignoranza di fondo: non sapevo e non avevo mai sentito parlare dell'utilizzazione del lievito di birra fresco, senza previo scioglimento in acqua o latte tiepidi.
Così, con questa "tara" iniziale, non ho creduto sino in fondo alla "lettera" della ricetta indicata su "Ricette Orfane" e, prima ancora, da Felder ed ho sciolto in pochissima acqua, la quantità di lievito indicata (g 10).
I primi giri di planetaria mi hanno immediatamente fatto comprendere quanto fossi fuori strada: quel poco liquido in più stava dando una consistenza del tutto inidonea all'uso cui l'impasto era destinato.
Ho portato avanti il lavoro ancora per qualche tempo (ma non troppo a lungo per non scaldare eccessivamente l'impasto che avrebbe dovuto accogliere, in finale, anche il burro) e poi mi sono decisa. La ricetta originale avrebbe richiesto 30 g di cannella che io avevo già messo in preventivo di non utilizzare e, dunque, avrei potuto sfruttare quella stessa poca quantità di "polvere" per inserire, con circospezione, altra farina.
L'impasto è rimasto comunque morbido, morbidissimo ma mi è apparso plausibile, anche se con qualche remora...
Ho aggiunto il burro e messo a lievitare in forno con lampadina accesa, dando per scontata la difficoltà (alias improbabilità) di lievitazione: ore 9,30!!!
Ho "armeggiato" ancora per casa, sono andata a Messa alle 11,00 e al rientro ho visto che "lui", l'impasto, aveva cominciato a crescere ma non potevo certo pensare a Felder: avevo il pranzo in famiglia per la festività dei Santi!
Alle 14,45 ho aperto nuovamente il forno e....sorpresa, "lui" era cresciuto ancora. Mi si è accesa una speranza alla quale ho dato fondo brandendo immediatamente il burro per ungere la teglia da cake e...riprendere la lievitazione.
Due orette abbondanti e l'impasto era di nuovo cresciuto sin quasi al bordo della teglia. Ho scaldato il forno, ho infornato e poi....ci siamo innamorati.
Perchè questo pan brioche è una sorprendente delizia per il suo equilibrio perfetto tra lo zucchero ed il sale, al quale il burro conferisce una consistenza fondente fantastica.
Ecco la ricetta:
 
Pan brioche di Christophe Felder
 
Ingredienti (per uno stampo da cm 28)
tempo di preparazione 20 minuti
tempo di lievitazione: dalle 3 ore e mezza alle 4 ore ma anche più.....
tempo di cottura: 20 minuti

g 250 farina - letteralmente: farine type 45 - farina speciale di forza (io ho usato una manitoba ma proverei anche con una 0)
30 g di zucchero
1 cucchiaino da caffè di sale
10 g di lievito di birra fresco
150 g di uova
165 g di burro a temperatura ambiente, tagliato a dadini
30 g di cannella in polvere di buona qualità (io non l'ho messa)
100 g di noci pecan grossolanamente tritate (io 100 g di uvetta)
1 uovo intero per la lucidatura.

Togliere il burro dal frigorifero, tagliarlo a dadini e fargli raggiungere una temperatura ambiente.
Versare la farina setacciata, lo zucchero, lievito a pezzetti ed il sale nella ciotola dell'impastatrice.
Fare attenzione affinché il sale ed il lievito non si tocchino. Il primo, infatti, interferisce con l'azione dell'agente lievitante.
Aggiungere le uova e impastare con il gancio, a velocità minima
Aggiungere il burro all'impasto e azionare l'impastatrice a velocità media fino a quando la pasta diventa liscia ed elastica.
Unire all'impasto la frutta secca (e la cannella e continuare ad impastare)
Sollevando con  una mano la pasta, questa non deve scivolare giù.
Lasciarla riposare per un'ora a temperatura ambiente.
Trascorso il tempo necessario, versare l'impasto sulla spianatoia leggermente infarinata e appiattirlo con le dita, per far fuoriuscire le eventuali bolle d'aria (che non saranno tantissime, causa la massa grassa dell'impasto che rende difficile la lievitazione.
Dare all'impasto la forma di un salsicciotto, tagliarlo in 4 pezzi uguali, dando a ciascuno la forma di un "bauletto" con i bordi al di sotto.
Sistemare i 4 pezzi in uno stampo da cake precedentemente imburrato ed infarinato. 
Quando il pane è ben gonfiato, spennellarlo con un uovo intero, leggermente sbattuto. Con le forbici, praticare poi un taglio su ciascun pezzo, in orizzontale, bagnando via via le lame in acqua fredda per evitare che si impiastriccino con l'uovo.
Infornare a 170°C per 20 minuti, controllando la doratura (nel mio forno, 170°C, modalità statica.
Lasciare intiepidire, prima di sformare.
 
n.d.r.:
1) In quella stessa sera, mentre il pane lievitava, complici anche la spensieratezza e la libertà dal lavoro di una giornata di festa, sono "incappata" in Montersino che, su "Arturo", forniva la ricetta dei krapfen e....ho visto con i miei occhi mettere nella planetaria il lievito di birra fresco a pezzetti...Ho detto tutto....ora mi sento molto ma molto più sicura dei mei prossimi "movimenti" ;-)
2) Potremmo dire che, a parte l'attenzione iniziale, questo pane richieda pochissimo impegno perchè l'importante è...dimenticarselo mentre lievita.
3) Ne consegue, in maniera lapalissiana, che le dosi per gli ingredienti di questa ricetta siano perfette
4)....e che anche Felder sia un mio "amico"... ;-)